Il core è un concetto in costante espansione. Inizialmente se ne era parlato come area anteriore del tronco, identificata col retto dell’addome, ovvero con la sua parte più visibile. E giù di crunch in tutte le salse. Poi si è riconosciuta la sua azione e funzione stabilizzatrice, integrando insieme le due famiglie degli esercizi di crunch e di plank. Da lì si è andati avanti con gli studi delle varie “Back school” includendo una terza famiglia, quella degli esercizi di “back extension”. Ora l’evidenza è che, più si va avanti, più cresce l’importanza del core e l’insieme funzionale del suo complesso.
Il core è il centro di smistamento, quello da cui partono, passano o arrivano tutti i movimenti a carico dei due snodi hip e scapula (e degli arti inferiori e superiori). Il primo come generatore di forze (e forza), potenza, esplosività e propulsione; il secondo come trasduttore del movimento, incaricato della trasmissione agli arti superiori di quelle forze provenienti da sotto o dal core stesso. Il nostro corpo e i suoi movimenti sono decisamente core–centrici. Per il grande Stuart McGill — forse il numero uno al mondo in tema di “back pain” — il core comprende tutto il tronco, esclusi gli arti e la testa.
Il centro di gravità di ogni individuo si trova appena sotto all’ombelico, cinque-dieci centimetri circa. Qui si trova il complesso coxo–lombo–pelvico, una regione in cui tessuti miofasciali, tendinei, legamentosi e muscolari (pavimento pelvico e muscoli della zona lombare) si aggregano a formare le fondamenta della struttura core. Come già detto nel libro Allenamento funzionale, il core può essere visualizzato come un secchio, composto da una serie di strati che danno solidità all’intera struttura. Funzionalmente parlando, sulla base delle ultime conoscenze, possiamo dividere il core in due aree non sempre nettamente distinte (lavorano sempre insieme): Muscolatura profonda del core, prevalentemente stabilizzatrice. Muscolatura superficiale del core, con funzione motoria (o di mobilizzazione).
La muscolatura profonda parte dal complesso coxo-lombo-pelvico ed è costituita da trasverso, obliquo interno, multifido, quadrato dei lombi, diaframma, muscoli del pavimento pelvico e gluteo medio. Questa è la prima parte del core che si attiva; prima ancora del movimento, il nostro corpo cerca la stabilità. Ognuno di questi muscoli ha una sua azione specifica, ma quello che a noi interessa è il momento in cui lavorano in sinergia con gli altri andando a costituire un unico complesso, la Power House di cui parlava Joseph Pilates. Il trasverso lavora in sinergia con l’obliquo interno, multifido ed erettori spinali.
Il multifido agisce riducendo la pressione del peso corporeo sulla cerniera lombare e distribuendolo lungo la colonna.
Il quadrato dei lombi lavora con medio gluteo, tensore della fascia lata e adduttori per stabilizzare il complesso coxo-lombo-pelvico. Il diaframma, principale muscolo respiratorio, favorisce la stabilità della colonna anteriormente, grazie al controllo della pressione intra-addominale.
Il pavimento pelvico è la base del “secchio”, la struttura che rende stabile l’intero sistema.
La muscolatura superficiale del core, tendenzialmente, si attiva subito dopo la muscolatura profonda; costituisce la parte più superficiale del nostro secchio e come tale la più visibile e la più alienata. Comprende grande gluteo, retto dell’addome, obliquo esterno, erettori spinali, ileopsoas, romboidi, trapezio, dentato anteriore e grande dorsale. Anche per questi vale il riferimento non alla singola azione, ma al ruolo che ricoprono in sinergia con gli altri quando parliamo di “core training”.
Il grande gluteo agisce in sinergia nella stabilizzazione del sistema coxo-lombo-pelvico. Il retto dell’addome stabilizza il complesso coxo-lombo-pelvico tramite l’aumento della pressione intra-addominale.
L’obliquo esterno spinge il torace verso il basso e comprime la cavità addominale, aumentando la pressione intra-addominale.
Gli erettori spinali hanno funzione principale di estensori del tronco, in sinergia col retto dell’addome; però fungono da vera e propria colonna stabilizzatrice.
L’ileopsoas contribuisce alla stabilizzazione del complesso coxo-lombo-pelvico.
I romboidi attivano la scapola, avvicinandola alla parete toracica e contribuendo a mantenere una postura stabile e corretta, soprattutto nei movimenti dove sono coinvolti gli arti superiori.
l fasci mediali del trapezio retraggono la scapola e contribuiscono alla sua stabilizzazione nei movimenti degli arti superiori.
Il dentato anteriore agisce sinergicamente con il trapezio per dare stabilità (e ovviamente mobilità) alla scapola.
ll gran dorsale, vista l’ampia superficie e le diverse inserzioni, agisce sinergicamente sulla scapola e nei movimenti di inclinazione laterale ed estensione della colonna vertebrale a livello lombare.
Di particolare interesse è anche un’ultima struttura, la fascia toraco–lombare. Non è un muscolo, ma una struttura fasciale da cui partono due muscoli profondi del core (trasverso e obliquo interno) e uno superficiale (gran dorsale). Quando questi muscoli si contraggono per stabilizzare, la fascia toraco-lombare diventa un pilastro molto importante.
non perdete l’appuntamento di mercoledì prossimo con l’articolo sul nostro blog che parlerà di PROPEDEUTICI e PRIMAL PATTERNS.
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