HOW DEEP IS YOUR DIP?

Un’Analisi Biomeccanica sull’Esecuzione dei Dip 

Prima di iniziare la trattazione dell’articolo, è doveroso esporre un concetto fondamentale, spesso, “dimenticato”:

Ogni esercizio, per essere efficace e sicuro, richiede che il soggetto disponga di una qualità motoria adeguata e di una congruenza nei movimenti.
Il compito fondamentale di un trainer professionista è
valutare funzionalmente con attenzione ogni persona ed individuare e correggere le disfunzioni motorie che possono limitare il movimento e ostacolare l’apprendimento tecnico degli esercizi.

!!Non esistono esercizi intrinsecamente pericolosi; esistono, piuttosto, soggetti che presentano momentanee insufficienze motorie, che devono essere risolte per garantire un ottimale apprendimento motorio ed un allenamento sicuro e produttivo.!!

I dip sono uno degli esercizi più efficaci per sviluppare la forza della parte superiore del corpo, coinvolgendo principalmente pettorali, tricipiti e deltoidi.
Tuttavia, l’esecuzione corretta e la gestione del range of motion (ROM) sono fondamentali per ottenere i benefici desiderati senza incorrere in infortuni.
Studi recenti hanno esplorato in dettaglio la biomeccanica dei dip e il loro impatto sull’articolazione della spalla, fornendo linee guida per eseguire l’esercizio in modo sicuro ed efficace.
In questo articolo tratterò la biomeccanica dell’esercizio, il corretto set-up, e le migliori pratiche per evitare infortuni, supportato da ricerche scientifiche attuali.

Biomeccanica dei Dip 

I dip coinvolgono un movimento complesso che combina estensione e abduzione dell’omero rispetto alla scapola.

Questo movimento provoca una significativa estensione della spalla, che può sovraccaricare i legamenti e le strutture della capsula anteriore della spalla, specialmente quando l’omero si avvicina alla sua massima estensione. 

Secondo uno studio pubblicato da McKenzie et al. [1], la variante del bench dip richiede la maggiore estensione della spalla, arrivando a sollecitare la spalla fino al 101% del ROM massimo. 

Questo stress biomeccanico aumenta il rischio di instabilità articolare, specialmente nei soggetti con una mobilità della spalla limitata o con una storia di infortuni al cingolo scapolo-omerale [1].

Nell’immagine sottostante, tratta dallo stesso studio, viene illustrata l’anatomia della spalla durante un bench dip, evidenziando la posizione dell’omero in relazione alla cavità glenoidea e alle strutture circostanti.

Come mostrato nell’immagine, durante la fase discendente dell’esercizio, l’omero si muove in estensione e abduzione, avvicinandosi al bordo anteriore della cavità glenoidea. Questo movimento aumenta significativamente la tensione sulla capsula anteriore della spalla e sui legamenti gleno-omerali. Tale tensione, se ripetuta eccessivamente o se eseguita con una profondità troppo grande, può portare a instabilità articolare e potenzialmente a lesioni come rotture del tendine del pettorale maggiore o del sovraspinato.

Nell’immagine sottostante, tratta da un altro articolo di McKenzie et al. [4], viene illustrata l’anatomia della spalla durante le varie varianti di dip: bench dip(A), bar dip(B) e ring dip(C).

Queste immagini mostrano chiaramente le diverse angolazioni articolari che si raggiungono durante l’esecuzione di queste varianti.

Bench Dip

Il bench dip si distingue dalle altre varianti, come il bar dip e il ring dip, per caratteristiche cinematiche significativamente diverse.
Questa variante comporta un’attività muscolare complessivamente inferiore in molti gruppi muscolari rispetto alle altre varianti di dip, confermando in parte l’ipotesi che esistano differenze significative tra i profili di attivazione muscolare delle varie esecuzioni.

Il bench dip richiede un’attivazione relativamente elevata del tricipite brachiale (TB), sfruttando un range di movimento (ROM) in estensione della spalla molto più ampio rispetto alle altre varianti.
L’intensità ridotta di attivazione muscolare è probabilmente dovuta alla diminuzione del carico e alla maggiore stabilità fornita dal contatto dei piedi con il terreno.
Sebbene l’attivazione di picco del TB sia inferiore rispetto ai bar dip e ai ring dip, il bench dip riesce comunque a stimolare efficacemente il tricipite, grazie alla ridotta resistenza sugli arti superiori e alla bassa complessità del movimento.
Inoltre, l’attivazione limitata di altri muscoli principali, come il pettorale maggiore (PM) e il deltoide anteriore (AD), conferma il focus sul tricipite in questa variante, tanto che il bench dip è spesso chiamato “triceps dip”, un termine che risulta appropriato per questa variante.

Ricerche precedenti hanno dimostrato che il bench dip, insieme ai piegamenti con mani a triangolo e alle estensioni dei tricipiti (triceps kickback), mostra un’intensità di attivazione del tricipite brachiale comparabile e superiore rispetto ad altri esercizi comuni per questo muscolo.
Pertanto, queste varianti possono essere scelte efficaci per coloro che mirano a sviluppare il tricipite, soprattutto in presenza di instabilità della spalla.

Il bench dip si distingue inoltre per l’ampio ROM in estensione della spalla, con una media di 88,13° (±8,86°), rappresentando il 101,35% del test di ROM massimo.
Questo maggiore ROM è dovuto alla minore inclinazione anteriore del torace rispetto alle varianti del bar dip e del ring dip, il che comporta che la profondità del movimento derivi in gran parte dall’estensione della spalla stessa.
Tuttavia, questo ampio ROM può aumentare il rischio di lesioni alla capsula anteriore della spalla, a causa dello sforzo ripetitivo sul legamento gleno-omerale inferiore, che tende ad allungarsi permanentemente sotto stress submassimali, come quelli osservati durante il bench dip.
L’allungamento di questo legamento può portare a instabilità anteriore della spalla, una condizione che potrebbe essere aggravata dallo sforzo eccessivo sul pettorale maggiore, che potrebbe operare in condizioni di svantaggio meccanico.
Fortunatamente, il carico ridotto e la bassa intensità di attivazione del pettorale maggiore durante il bench dip possono mitigare il rischio di lesioni a questo muscolo.
La maggiore preoccupazione rimane, quindi, il potenziale danno alla capsula anteriore della spalla, che potrebbe perpetuare o causare instabilità anteriore.

Bar Dip

Il bar dip rappresenta una progressione naturale rispetto al bench dip, poiché richiede un maggiore carico totale e una stabilità ridotta, dovuta alla perdita dei punti di contatto con il terreno.
Questa progressione è giustificata dall’aumento significativo delle ampiezze di attivazione di picco della maggior parte dei muscoli coinvolti, come il pettorale maggiore (PM), il deltoide anteriore (AD), il tricipite brachiale (TB), il trapezio superiore (UT), il serrato anteriore (SA) e il latissimus dorsi (LD).
Tuttavia, è interessante notare che due muscoli stabilizzatori dell’articolazione gleno-omerale, l’infraspinato (IS) e il bicipite brachiale (BB), non hanno mostrato un incremento significativo nell’attivazione.
Questo suggerisce che mentre una moderata riduzione della stabilità può aumentare l’attivazione muscolare, un incremento eccessivo della complessità del movimento può ridurre la forza prodotta e l’attivazione muscolare.

Un aspetto cruciale del bar dip è la sua capacità di raggiungere un maggiore spostamento verticale del bacino, pur richiedendo un’estensione della spalla inferiore rispetto al bench dip.
Ciò è reso possibile dall’inclinazione anteriore del torace, che facilita la profondità del movimento, riducendo la dipendenza dall’estensione della spalla.

Tuttavia, l’estensione della spalla utilizzata durante il bar dip (88.03% del ROM massimo) è ancora sufficiente a caricare il legamento gleno-omerale inferiore, aumentando così il rischio di instabilità anteriore.
Inoltre, l’incremento significativo dell’attivazione del pettorale maggiore (PM) deve essere considerato con attenzione, soprattutto in relazione al rischio di lesioni, come documentato in casi clinici di rottura del PM durante l’esecuzione del bar dip.

L’esecuzione del bar dip, specialmente a basse ripetizioni e senza sovraccarico, sembra essere una scelta sicura per allenare le strutture passive e attive della spalla.
Tuttavia, modifiche come l’aggiunta di carico, l’aumento della fatica o l’uso di una presa larga potrebbero aumentare significativamente il rischio di infortuni.
Quando si somministrano i bar dip a soggetti potenzialmente compromessi da inesperienza, debolezza o infortunio, è essenziale che i trainers comprendano che anche un bar dip eseguito a corpo libero può sovraccaricare le strutture della spalla.

Regressioni possono essere fatte per consentire una posizione corporea simile (più ottimale rispetto al bench dip), aumentando progressivamente il carico totale attraverso gli arti superiori.

Le varianti del bar dip includono i “standing bar dip (A), i bar dip assistiti (B-utilizzando una macchina dip) e i bar dip con banda elastica (C).
Queste alternative aiutano a moderare il carico a livello della massima estensione della spalla.

Ring Dip

Il ring dip, nonostante la sua maggiore complessità di esecuzione rispetto al bar dip, ha mostrato un incremento significativo nell’attivazione di soli tre muscoli: il pettorale maggiore (PM), il latissimus dorsi (LD) e il bicipite brachiale (BB).
Questi aumenti di attivazione possono essere attribuiti alla necessità di maggiore stabilizzazione dell’articolazione della spalla, con il PM e il LD che contribuiscono principalmente all’adduzione del braccio, e il BB che rafforza la stabilità del gomito e mantiene la congruenza dell’articolazione gleno-omerale.
Questi dati indicano che, nonostante la maggiore percezione di complessità, i requisiti di stabilizzazione della scapola e dell’articolazione gleno-omerale sono simili tra bar dip e ring dip, quando eseguiti da soggetti esperti.

Dal punto di vista cinematico, il ring dip richiede una posizione del corpo molto simile a quella del bar dip, con una leggera riduzione nell’estensione della spalla e nella flessione del gomito.
L’angolo di estensione della spalla nel ring dip è il più piccolo tra tutte le varianti analizzate, riducendo potenzialmente il rischio di sovraccarico nella posizione di estensione massima, che è la più vulnerabile per l’articolazione della spalla.
Questa autolimitazione naturale del movimento potrebbe spiegare perché il rischio principale associato al ring dip non sia tanto lo stress sulla spalla, quanto piuttosto il rischio di lesioni traumatiche dovute a cadute dagli anelli.
Pertanto, il ring dip richiede un approccio cauto, soprattutto per soggetti con una storia di problemi alla spalla o di instabilità articolare.

Le implicazioni di questi risultati sono importanti sia per la performance che per la riabilitazione, specialmente per gli atleti che hanno già avuto infortuni alla spalla.
Tuttavia, è importante considerare che la tecnica usata nello studio era autogestita dai partecipanti, il che potrebbe influenzare i risultati.
Inoltre, la ricerca si è concentrata su singoli momenti all’interno del ciclo di ripetizione, suggerendo che ulteriori studi potrebbero essere necessari per esplorare l’intero movimento e come specifici accorgimenti tecnici possano influenzare l’attivazione muscolare ed il carico sulle articolazioni.
Infine, il campione dello studio era costituito da uomini giovani e sani, e quindi i risultati potrebbero non essere pienamente applicabili a donne, individui più anziani o persone con differenti condizioni di mobilità.

Impatto sulla Spalla: Rischi e Benefici

I dip possono offrire grandi benefici in termini di sviluppo muscolare, ma al costo di una sollecitazione significativa dell’articolazione della spalla, in particolare il bench dip.

La posizione della spalla durante il bench dip richiede un’estensione estrema, che può causare un sovraccarico sui tendini e sui legamenti.
Carek e Hawkins (1998) hanno documentato casi clinici di rottura del tendine del pettorale maggiore durante l’esecuzione dei dip, evidenziando la pericolosità di un’esecuzione scorretta o eccessivamente profonda [3].

Il bar dip rappresenta un compromesso migliore, riducendo l’estensione della spalla e quindi lo stress sui tessuti molli.
Tuttavia, è essenziale prestare attenzione alla tecnica e all’utilizzo di carichi appropriati, poiché l’eccessiva profondità anche in questa variante può comportare rischi, specialmente per gli atleti con limitata esperienza o con scarsa mobilità [1].

Il ring dip, infine, rappresenta la variante più impegnativa dal punto di vista neuromuscolare, poiché la natura instabile degli anelli richiede un maggiore controllo dei muscoli stabilizzatori.
Questa variante riduce il rischio di estensione eccessiva della spalla, ma aumenta il rischio di lesioni dovute a cadute o perdite di equilibrio.


Sempre il già citato studio di McKenzie et al. [4] pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health ha confrontato le varianti di bench, bar e ring dip, rilevando che il ring dip richiede un’estensione della spalla significativamente inferiore rispetto alle altre varianti, ma con un maggiore impegno dei muscoli stabilizzatori come il pettorale maggiore e il latissimus dorsi.

Nelle immagini seguenti sono presentati i risultati di queste differenze cinematiche e di attivazione muscolare tra le varianti di dip.

Angoli articolari di picco [4]

Analisi della Cinematica:

Il primo grafico (Figura 3) rappresenta gli angoli articolari di picco medi durante l’esecuzione delle varianti di dip: bench dip, bar dip e ring dip. I risultati indicano differenze significative tra le varianti, specialmente per quanto riguarda l’estensione della spalla, l’inclinazione toracica anteriore e la flessione del gomito.

  • Estensione della spalla: La variante del bench dip ha mostrato l’estensione della spalla più grande (101.35% del ROM massimo), significativamente superiore rispetto a quella registrata durante il bar dip (88.03%) e il ring dip (68.88%). Questo suggerisce che il bench dip impone uno stress maggiore sull’articolazione della spalla, posizionandola in una posizione di massima estensione che può aumentare il rischio di infortuni, soprattutto se non eseguito correttamente.
  • Inclinazione toracica anteriore: Durante il bench dip, l’inclinazione toracica anteriore era significativamente minore rispetto al bar dip e al ring dip. Questo può essere interpretato come una posizione del tronco più eretta nel bench dip, che, in combinazione con l’ampia estensione della spalla, potrebbe contribuire allo stress articolare.
  • Flessione del gomito: Anche la flessione del gomito era significativamente maggiore durante il bar dip rispetto al ring dip. Questo riflette una differenza nel pattern di movimento, dove il bar dip potrebbe permettere un coinvolgimento muscolare più efficace grazie alla maggiore escursione di movimento.

Il grafico evidenzia chiaramente come le diverse varianti di dip sollecitino le articolazioni in modo differente. Il bench dip, pur attivando in modo efficace i muscoli coinvolti, potrebbe comportare rischi elevati per l’articolazione della spalla a causa della sua grande estensione. Al contrario, il ring dip, pur richiedendo un maggiore controllo neuromuscolare, sembra offrire una maggiore sicurezza per l’articolazione della spalla, riducendo il carico articolare.

Ampiezze medie di attivazione muscolare[4]

Analisi dell’Attivazione Muscolare

Il secondo grafico (Figura 4) mostra le ampiezze medie di attivazione muscolare (misurate tramite sEMG) durante l’esecuzione delle tre varianti di dip. La variabilità nelle attivazioni muscolari osservate tra le diverse varianti è notevole e offre spunti preziosi per la selezione dell’esercizio più appropriato a seconda degli obiettivi di allenamento.

  • Attivazione Muscolare nel Bench Dip: Il bench dip ha mostrato un’attivazione inferiore rispetto alle altre varianti, in particolare per muscoli come il pettorale maggiore (PM), il deltoide anteriore (AD) e il tricipite brachiale (TB). Questo potrebbe essere dovuto alla maggiore stabilità fornita dal contatto con il suolo e alla ridotta complessità del movimento rispetto al bar dip e al ring dip.
  • Attivazione Muscolare nel Bar Dip: Nel bar dip, si osserva un significativo aumento dell’attivazione muscolare, in particolare nei muscoli stabilizzatori come il trapezio superiore (UT) e il serrato anteriore (SA). Ciò suggerisce che il bar dip non solo attiva in modo efficace i muscoli principali, ma migliora anche la stabilità scapolare, rendendolo una variante equilibrata per l’allenamento della forza.
  • Attivazione Muscolare nel Ring Dip: Il ring dip ha mostrato l’attivazione muscolare più elevata in quasi tutti i muscoli analizzati, compresi il pettorale maggiore, il deltoide anteriore, il tricipite brachiale, e muscoli stabilizzatori come il latissimus dorsi (LD). Questo riflette la maggiore instabilità degli anelli, che costringe il corpo a reclutare un numero maggiore di muscoli per mantenere la posizione e completare il movimento.

L’analisi dell’attivazione muscolare mostra chiaramente che il ring dip offre il maggiore stimolo muscolare, ma richiede anche un controllo superiore, rendendolo ideale per atleti avanzati che cercano di massimizzare l’attivazione muscolare e la stabilità articolare. Il bar dip rappresenta un buon compromesso tra sicurezza articolare e attivazione muscolare, mentre il bench dip, pur essendo meno intenso, può essere utile per soggetti con necessità specifiche di stabilità o per fasi di riabilitazione.

Infine, l’immagine seguente fornisce un flusso decisionale per determinare la variante di dip più appropriata in base agli obiettivi dell’allenamento e al livello di preparazione del soggetto da allenare.

Flusso decisionale[4]

Quanto Dovresti Scendere?

Determinare la profondità ottimale nei dip è essenziale per bilanciare l’attivazione muscolare con la sicurezza articolare.
Gli studi suggeriscono che scendere fino a quando l’omero è parallelo al suolo sia sufficiente per attivare efficacemente i muscoli target senza esporre la spalla a rischi inutili [1].
Superare questo punto può aumentare il rischio di lesioni, soprattutto nei soggetti con mobilità ridotta o forza insufficiente nei muscoli stabilizzatori.

Un approccio graduale è consigliato per minimizzare i rischi: iniziare con una profondità ridotta, aumentando gradualmente man mano che la forza e la stabilità migliorano.
Durante tutto il movimento, è fondamentale mantenere un corretto allineamento scapolare, con le scapole addotte e depresse, per proteggere ulteriormente l’articolazione della spalla [2].

Take home message

I dip alle parallele sono un esercizio potente per lo sviluppo della forza nella parte superiore del corpo, ma richiedono un’esecuzione tecnica precisa e una gestione attenta del range of motion per evitare infortuni.
La scelta della profondità e della variante di dip deve essere personalizzata in base alle capacità individuali e agli obiettivi di allenamento, con particolare attenzione alla prevenzione degli infortuni alla spalla.
L’integrazione di una progressione graduale e il monitoraggio costante della tecnica sono essenziali per sfruttare al massimo i benefici dei dip senza compromettere l’integrità articolare.
Il bar dip, in particolare, rappresenta una progressione efficace ma richiede una considerazione attenta delle condizioni di esecuzione per evitare sovraccarichi pericolosi, soprattutto in soggetti meno esperti o in fase di recupero da infortuni.

La teoria e la pratica degli esercizi, inclusi i dip, sono parte integrante del programma del corso di formazione “Cultura Fisica Funzionale”.
Per approfondire e migliorare le tue competenze, iscriviti al corso: Cultura Fisica Funzionale.

Buona ipertrofia a tutti!
Pietro D’Angelo
Chinesiologo – Personal Trainer – Docente FTS

onti:

  1. McKenzie, A.K., Crowley-McHattan, Z.J., Meir, R., Whitting, J.W., & Volschenk, W. (2021). Glenohumeral Extension and the Dip: Considerations for the Strength and Conditioning Professional. Strength and Conditioning Journal, 43(1), 93-100. DOI: 10.1519/SSC.0000000000000579.
  2. Pollock, R.G., et al. “Effects of repetitive subfailure strains on the mechanical behavior of the inferior glenohumeral ligament.” Journal of Shoulder and Elbow Surgery, 2000.
  3. Carek, P.J., Hawkins, A. “Rupture of pectoralis major during parallel bar dips: Case report and review.” Medicine and Science in Sports and Exercise, 1998.
  4. McKenzie, A., et al. “Bench, Bar, and Ring Dips: Do Kinematics and Muscle Activity Differ?” International Journal of Environmental Research and Public Health, 2022, 19, 13211. DOI: 10.3390/ijerph192013211.