L’ALIENO ARTICOLARE
Quando mi sono imbattuto per la prima volta nella Joint by joint theory – chiave di lettura dei sistemi articolari proposta e illustrata dal grande Gray Cook e successivamente ripresa da Michael Boyle, il creatore del Functional Training in America – mi è venuta voglia di prendere a testate un muro.
È quello che capita a tutte le persone normali quando incontrano un genio: si chiedono come hanno fatto loro a non pensarci prima. Il genio è colui che batte altre vie, cerca per altre strade, le sue, e soprattutto ha una linearità di pensiero differente. Arriva al nocciolo della questione prima, perché non ha barriere mentali. La genialità è un talento, il genio può insegnare, ma non può insegnare il talento. Per questo, gente come Cook e Boyle rimane lì, lontana da noi. E a noi non resta che imparare.
Per stringere la questione, per anni e anni, in qualità di docente, ho studiato le articolazioni e i muscoli umani uno per uno, cercando di tirarne fuori ogni segreto; non mi rendevo conto che per entrare troppo nel particolare mi perdevo l’insieme. Il nostro corpo è un insieme. Noi lo sezioniamo nelle sue parti anatomiche, nei sistemi endogeni, nei suoi muscoli, persino negli allenamenti. Ma lui questo non lo sa e continua a lavorare in quanto insieme, come un’unità. Nei nostri movimenti abituali, non esiste il movimento isolato, non lavoriamo con una singola articolazione per volta. Lavoriamo su catene muscolari e articolari. Così, appena ho visto questo schema e le sue conseguenze, sono rimasto folgorato e ho iniziato a lavorarci sopra, cercando applicazioni pratiche del metodo. Il problema, quando mi cimentavo nella spiegazione della Joint by joint theory nei corsi di allenamento funzionale, ero io. Beh, se non ho fatto il pittore c’è un motivo. Fatto sta che, dai miei tentativi di disegnare le articolazioni dello scheletro umano, usciva sempre fuori questo “alieno”, ribattezzato “l’alieno articolare”. Ora, sei libero di prendermi per i fondelli, ma è da qui che voglio partire.
*Ricordatevi che dividerò l’articolo in due parti, parte 1 e parte 2 che vedremo settimana prossima.
LA JOINT BY JOINT THEORY
La Joint by joint theory è una chiave di lettura dei nostri sistemi articolari, con delle conseguenze notevoli sul recupero funzionale per riabilitare, o sul lavoro di prevenzione per abilitare. In poche parole, ci dice una serie di cose importanti:
- ad ogni articolazione con caratteristiche di mobilità si alterna un articolazione con caratteristiche di stabilità;
- tendenzialmente, quando abbiamo problemi muscolari, tensioni, stati infiammatori o dolorosi a carico di un’articolazione (se si escludono situazioni patologiche o genetiche), il vero problema non è lì, ma nell’articolazione sottostante;
- l’anca è l’unica che fa eccezione. Una grande fisioterapista americana, Shirley Sahrmann, afferma: «Quando un muscolo si stira o si lesiona, la prima cosa da fare è cercare il muscolo sinergico debole o sottoattivato». Boyle rincara la dose: «Gli infortuni non avvengono a causa del muscolo che si infortuna; chiedetevi cos’è che non sta facendo il suo lavoro causando stress su questo muscolo».
MOBILITÀ E STABILITÀ
Iniziamo a “leggere” l’alieno articolare. Nota che a un’articolazione con caratteristiche di mobilità ne segue sempre una con caratteristiche di stabilità.
Concludiamo la prima parte con un esempio di applicazione del Joint by joint approach
SCAPULA SALVATION
Come esempio della applicazione del Joint by Joint approach. Il primo focus è sulla spalla. Se ti domandassi: «Qualcuno dei tuoi conoscenti o allievi in palestra ha mai avuto dolore alle spalle?», penso che mi guarderesti sorridendo e mi risponderesti con la seguente battuta: «Faresti prima a chiedermi quale dei miei conoscenti non abbia mai avuto problemi alle spalle in palestra». E avresti ragione! Una prima risposta l’ho già data nel libro Allenamento funzionale: la spalla, il cingolo scapolo omerale, non viene mai allenato come trasduttore di forze (provenienti dagli arti inferiori e dal core), ma solo come abduttore del braccio. La Joint by joint ci dà la possibilità di aggiungere altri tasselli a questo stato di fatto. In pratica, in presenza di dolori alla spalla, è necessario verificare l’articolazione sottostante, la scapola, e si troverà lì il vero problema: una articolazione che non stabilizza e”chiede stabilità” all’articolazione soprastante, la glenoomerale (che ha funzioni di mobilità!). Quest’ultima si trova ad essere sovraccaricata da tensioni e stress e s’infiamma o si lesiona. Quasi sempre completa il quadro l’articolazione Sterno-Toracica bloccata e la retrazione del diaframma.
Quale soluzione? Una volta avrei optato per esercizi di extrarotazione con elastici per lavorare sulla cuffia dei rotatori, soprattutto sugli extrarotatori. La Joint theory ha cambiato molto, e in meglio, il mio approccio; adesso lavoro sulla scapola, per ridarle la sua funzione di stabilità, e successivamente lavoro con gli elastici sulla gleno-omerale.
L’appuntamento è per settimana prossima, concluderemo il capitolo sull’Alieno articolare e la Joint by joint theory e nello specifico vedremo altri due casi di applicazione della Joint by joint approach.
Ricordiamo a tutti gli appassionati che il libro la Verità sull’Allenamento Funzionale è edito da ELIKA editrice e si trova in vendita nelle migliori librerie.